ARTEMISIA GENTILESCHI. LA PITTRICE DISOBBEDIENTE

“Mi ritrovo una figlia femmina con altri tre maschi e questa femmina, havendola drizzata nella professione della pittura, in tre anni si è talmente appraticata che posso dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo persin adesso fatto opere, che forse principali maestri di questa professione non arrivando al suo sapere”. Con queste parole parlava di sua figlia in una lettera il pittore Orazio Gentileschi.

La grandezza di Artemisia non risiede solo nel suo talento di pittrice (o pittora, come lei stessa si definiva). Artemisia è considerata un’icona femminista rivoluzionaria e un’artista innovativa per l’energia travolgente che seppe infondere nella rappresentazione della figura femminile.

Visse tra Roma tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 in un’epoca in cui operava Michelangelo Merisi, già noto come Caravaggio, artista da cui Artemisia fu colpita per il realismo della sua pittura. La formazione di Artemisia avvenne nell’atelier del padre che era frequentato da molti pittori, tra i quali Agostino Tassi. La diciottenne Artemisia è lusingata dalle sue attenzioni, forse si innamora, forse crede alle sue promesse di matrimonio. In un giorno di maggio del 1611, mentre Orazio lavora sulle impalcature della Loggetta delle Muse, Agostino stupra Artemisia. La Gentileschi decide di denunciare il Tassi per stupro in un’epoca in cui la violenza sessuale non era considerata un reato contro la donna, ma contro l’onore della famiglia.

La performance teatrale pone la figura di Artemisia in relazione agli
uomini che le hanno, in qualche modo, “condizionato” l’ esistenza.
Sembra quasi trascorrere una vita sotto processo. La troviamo immersa in
un contesto “amaro” con le sue paure, ansie, le sue colpe a lottare con
tenacia per la propria affermazione come donna e come artista. Arte,
lotta, resilienza, questi i punti focali della rappresentazione. La
regia si concentra sull’aspetto contemporaneo di tale vicenda lasciando
un messaggio positivo. Artemisia ci insegna che il dolore e la vergogna
possono essere sublimate in bellezza. La sua vita rappresenta una
rivincita contro una società gretta e maschilista. In un mondo in cui la
violenza sulle donne è un dramma ancora esistente, storie come la sua
possono essere un esempio per tutte le donne, affinché non si perda mai
la propria voce e la forza di lottare attivamente contro abitudini
tossiche e comportamenti profondamente umilianti.